venerdì 27 marzo 2020

Odissea: l'astuzia di "Nessuno" - STEP #04

Il concetto del nulla, prima di essere diffuso nella sua versione matematica, era già
presente nella cultura comune. Il più famoso e antico testo che ne fa uso è l'Odissea,
la grandiosa opera attribuita al poeta greco Omero, scritta nel 9° secolo a.C.

L'Odissea parla delle avventure di Ulisse dopo la caduta di Troia e del suo
interminabile viaggio lungo la strada di casa. Contiene al suo interno, oltre ad episodi
che ancora stimolano la fantasia a migliaia di anni di distanza, dei profondi spunti di
riflessione sull'avarizia, l'astuzia, l'amore, l'immortalità e anche sull'esistenza
dell'uomo. Intorno a quest'ultimo argomento ruota un episodio dell'Odissea, nel quale
Ulisse ed i suoi compagni sono stati catturati dal ciclope Polifemo, intenzionato a
mangiarli tutti uno alla volta.
Grazie alla sua astuzia, Ulisse escogita un piano per fuggire dalla grotta e ritrovare la
libertà. Fa ubriacare Polifemo, al quale aveva celato il suo nome, e lo convince di
chiamarsi Nessuno. Quindi con l'aiuto dei suoi compagni accieca l'unico occhio del
ciclope, e fugge via. A questo punto Polifemo, furioso, invoca a squarcia gola l'aiuto
degli altri ciclopi che vivono nell'isola, ma alla loro richiesta su chi lo abbia ferito, lui
risponde “Nessuno”, così i ciclopi credono si tratti di uno scherzo e non considerano 
le sue richieste.

Ciclope Polifemo 

mercoledì 25 marzo 2020

Dalla circolarità alla perfezione - STEP #03

Fotografia delle colline Californiane

Prima apparizione e simbologia: dalla scrittura cuneiforme all'abaco - STEP #02

La prima comparsa dello zero risale all’epoca dei Sumeri, cioè a circa 3 mila anni fa. Era un simbolo della scrittura cuneiforme, formato da due incavi inclinati che indicava l’assenza di un numero. Un simbolo simile era utilizzato di tanto in tanto anche dagli Egizi, ma soltanto tra altri numeri, mai all’inizio o alla fine di una serie. Le antiche civiltà cinesi non hanno uno zero vero e proprio, ma l’uso dell’abaco, il precursore della calcolatrice, fa supporre che comunque fosse noto il concetto di valore nullo. I Maya, al contrario, avevano un simbolo, ma non lo utilizzavano nei calcoli. Lo sviluppo dello zero in senso moderno va fatto risalire alla cultura Hindu, anche se il padre dello zero è considerato universalmente il matematico arabo Muhammad ibn Musa al Khwarizmi (800 dopo Cristo) che lo introdusse tra i numeri oggi noti come “arabi”. L’uso dello zero rese subito i calcoli più rapidi e precisi, permettendo l’introduzione di regole di calcolo (i cosiddetti algoritmi) che consentivano di eseguire sulla carta operazioni prima possibili solo con l’ausilio dell’abaco. Il termine “zero”, che deriva dall’arabo sifr (“nulla”), fu usato per la prima volta in Occidente dal matematico italiano Leonardo Fibonacci nel 1202.

Prima simbologia dello zero 

lunedì 23 marzo 2020

Tra passato e presente: derivazione del termine e prime comparse nella letteratura. -STEP #01bis


Analisi etimologica:

La derivazione del termine zero è sicuramente da cercare nelle lingue nordafricane, dal momento che i popoli intorno l’Arabia furono i primi ad interessarsi alla matematica ed alla cifratura. Alcuni sostengono che la parola derivi dall’ebraico “ZER” circolo, corona; altri invece rintracciano un collegamento etimologico nella lingua araba, dove la parola “SIFR” “CIFRUN” sta per Zefro Zefiro (dal lat. Zephyrum), segno aritmetico che di per sé solo non ha valore.
Anche la parola “CUNYA” ha parimente i due significati: vuoto e zero.
Giova qui notare che la voce cifra” ha la stessa origine, ma significato differente, esprimendo essa stessa la figura, il segno numerico in generale, e che il sistema di numerazione venne a noi dall’India passando per l’Arabia.

Traduzione nelle altre principali lingue:

Come per l’Italiano, anche nelle altre lingue europee più importanti, lo zero viene scritto nella stessa identica maniera, essendo, quasi tutte, lingue di derivazione latina (come per esempio in Inglese, Francese, Spagnolo).
Particolarmente interessante risulta essere, invece, la traduzione nella lingua Tedesca, dove esso viene indicato con la parola “null”. Potremmo etimologicamente collegare questa parola a “nullus”, in latino, che significa proprio nulla, nessuno, ed osservare che la definizione di questa parola appartiene comunque al campo semantico della “nullità”.

Prime apparizioni nella letteratura:

Non prima del sesto secolo della nostra era questo “segno tondo” era stato menzionato, segno che rappresenta il nulla, ma senza il quale non sarebbe possibile adoperare il sistema decimale nei calcoli.
La parola si incontra per la prima volta in un trattato d’aritmetica scritto dal maestro Iacopo nel 1307, nel quale si legge << chel zeuero per se solo significa nulla, ma è potenzia di farlo significare >>, e in altro del 1340, dov’è detto che lo zero è chiamato << in lingua greca cifra, ovvero circhulo e alcuno lo chiama nulla >>.




Maestro Iacopo


giovedì 19 marzo 2020

Primo approccio allo "zero": definizione, etimologia ed alcuni riferimenti - STEP #01

Lo zero è il primo numero della successione naturale 0,1,2,3, ecc., unico numero naturale che non sia il successore di un altro; come numero cardinale indica la mancanza di ogni unità, cioè è il numero cardinale dell’insieme vuoto”.

Etimologia: dal Latino zéphyrum, risalente all’arabo sifr’nulla’-sec. XV.

-Fonti bibliografiche: vocabolario “Treccani”

Dunque, da come può essere notato in ogni vocabolario, la prima definizione associata a questa parola è sicuramente di tipo matematico o quantitativo, tuttavia il concetto di  “zero” ha svariate associazioni che spaziano in diversi campi, come quello letterario, religioso, filosofico o scientifico.
Pertanto, la definizione di questo concetto è stata frutto di svariate riflessioni e congetture, nel corso dei secoli, tutt’altro che scontate.
Basti pensare al Cristianesimo ed al pensiero di Sant’Agostino (354-430), uno dei fondatori della Chiesa Cattolica, dove la finitezza delle creature è sintomo dalla loro derivazione dal nulla. Infatti, al momento della creazione, le creature si collocano in uno spazio tra il nulla e Dio: ciò che di loro è perfetto ed eterno proviene da Dio, ciò che di loro è imperfetto e limitato proviene dal fatto di essere create dal nulla. 

"Il Nulla è dio, e dio ha fatto tutte le cose dal Nulla, ed è esso stesso il Nulla. Ma questo Nulla è un Nulla «strano». Non è affatto un Nulla. E allora? Dio stesso è il «vedere e sentire del Nulla»... ed è chiamato «Un Nulla» (pur essendo Dio stesso) perché è incomprensibile e ineffabile". 
-Jakob Böhme 


Notevole importanza a questo concetto è stata attribuita anche dai filosofi esistenzialisti che cercano, naturalmente, di analizzare anche ciò che è diverso dall’esistente.    
                                                                                                                                                                      
Il filosofo danese Kierkegaard (1813-1855), considerato il padre dell'esistenzialismo, collega i concetti di inesistenteangoscia morte. La vita è la possibilità da parte dell'essere umano di compiere scelte che determinano il proprio futuro, e questa possibilità porta all'angoscia, frutto dell'incertezza di queste scelte. La morte è, al contrario, l'inesistenza di scelte che è possibile compiere. Per raggiungere questo stato non è necessario morire biologicamente: anche durante la vita biologica esiste uno stato, detto disperazione, nel quale l'essere umano si rende conto dell'inesistenza di scelte operabili. Lo stato della disperazione fa sperimentare all'uomo la morte, pur essendo in realtà solo una morte intellettuale. 

Henri Bergson (1859-1941), filosofo francese, nel suo saggio “L'evoluzione creatrice” (1907), afferma che il nulla come concezione assoluta è insensato. Invece il nulla relativo, concetto molto più quotidiano, fa parte del campo della psicologia, e descrive la mancanza personale di qualcosa, la delusione di un'aspettativa. Ciò che comunemente scambiamo per il niente assoluto, è in realtà semplicemente un dominio di oggetti a cui non siamo attualmente interessati. Ad ogni modo, questa aspettativa nasce logicamente dopo rispetto all'esistenza, essendo il desiderio di ciò che si conosce ma non si ha.